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Datemi una Gru e vi solleverò il mondo: chiacchierata con Franco Cavalca

La prima gru fatta in casa (battezzata Vilma), le Officine Reggiane, l’officina che diventa come la Mutua, la Fornace Tamagnini, la Mediopadana, le Gru Elettriche: una narrazione (in breve) della famiglia Cavalca di Bagnolo


A cura di Amedeo Faino

Una strada dritta che parte da Reggio e che va verso la pianura che più piana non si può, passando per il Ponte e per la stazione dell’alta velocità, su una strada dritta che costeggia aziende e capannoni, imprese più o meno grandi che offrono lavoro e possibilità a migliaia di persone che, in questa landa piana di genialità e laboriosa passione, hanno trovato tutto ciò che occorre per mettere su famiglia. L’idea centrale incisa sull’asfalto, col gesso, la mente creativa e concreta di persone fuori dal comune come Vincenzo prima e come Franco subito dopo. Una storia che assomiglia ad altre mille storie reggiane, modenesi, bolognesi.

Storie d’ordinaria follia, narrazioni di come il sogno scappi di mano e diventi cosa razionale e quotidiana.

In Emilia superarsi è affare d’ogni giorno ed è proprio questo il punto di forza che rende questo porto senza mare una locomotiva instancabile.

Oggi tenterò di farvi conoscere una persona fuori dal comune riportandovi qui la nostra chiacchierata, così da farvi intuire l’essenza di una famiglia davvero speciale.

Franco Cavalca, il primo ad arrivare in azienda, il primo a rimboccarsi le maniche e a trattare tutti alla pari, senza distinzioni: dall’apprendista al direttore di banca.

Siamo a Bagnolo, un caffè alle otto del mattino, alla macchinetta che sta di guardia alle Gru Gialle dell’azienda Cavalca; Franco ha indosso la sua salopette di jeans, i guanti da lavoro, qualche chiave inglese nella tasca. Mi vede da lontano, mi saluta mentre fa manovra ad un camion che s’addentra nel piazzale in retromarcia.

Mi raggiunge e inizia così il nostro viaggio, partendo dagli anni ’50.



Una foto della Cavalca Vincenzo Autogru agli albori


Franco, da dove arriva la prima Gru della famiglia Cavalca?

“Dalla testa del mio papà, Vincenzo. La prima gru di Reggio Emilia è stata costruita nel nostro garage, dalla A alla Z. Avevamo una piccola officina che si occupava di riparazioni e di soccorso stradale, ci serviva qualcosa di robusto per sollevare le auto che finivano nei canali o nei fossi ed allora mio padre iniziò a disegnare col gesso, nel piazzale davanti all’officina, sotto al sole. Una volta fatto il progetto iniziammo a smontare la cabina di un vecchio camion, il differenziale di questo, la trasmissione di quello, i componenti di una vecchia automobile e via via prendeva forma questa piccola opera artigianale: una gru fatta e finita, buona per l’utilizzo che ci occorreva.

La battezzammo Vilma, era bellissima, sicuramente unica”.

Le persone d’allora erano davvero geniali, forse oggi abbiamo perso questa sorta di audacia che ci ha reso grandi nel mondo…

“Prima la genialità era una vera e propria esigenza, l’unica via. Una strada obbligatoria. Oggi ci sono ancora molti geni in circolazione, noi abbiamo creato la Vilma ma il tuo portatile è molto più complesso ed è comunque opera dell’uomo”

Papà Vincenzo faceva i disegni a terra, col gesso, così da avere tutto sott’occhio e in modo da poterlo spiegare agli altri…

“Ingegnere d’altri tempi, tantissima pratica e poco altro. Quella generazione si è formata tutta nella stessa università: le Officine Reggiane, in questa facoltà sono passati Brevini, Miselli, Ugolotti, Montipò… Una lista infinita. Se oggi Reggio è anche metalmeccanica e automazione è perché nella nostra storia ci sono state le Officine Reggiane, questo ha certamente cambiato la storia della città e della provincia”

Mi parli spesso dei tuoi zii, che hanno fatto parte della vita della Cavalca Autogru e che certamente hanno scritto pagine importanti della tua vita.

“Gli zii Benito e Delfino scelsero di affiancare mio padre nell’avvio dell’officina Cavalca mentre mio zio Nello sostituì mio padre alla Fornace Tamagnini, altra azienda storica di Reggio Emilia. Una volta la parola data contava moltissimo, dopo l’esperienza alle Reggiane mio padre andò a fare il meccanico presso la ditta Tamagnini ma in cuor suo covava l’idea di mettersi in proprio. Quando quest’idea diventò troppo potente per essere ignorata andò da Tamagnini e spiegò le sue ragioni ma non voleva mettere in difficoltà l’azienda che l’aveva accolto: trovare dei meccanici riparatori negli anni ’50 non era semplice e così chiese al fratello Nello di sostituirlo in quell’impiego. Nello era un meccanico bravissimo, con una grande manualità e competenza e accettò di buon grado l’offerta, così tutti poterono andare avanti, al meglio, nelle loro vite. I rapporti con Tamagnini rimasero invariati tanto che la Fornace fornì, alla nostra famiglia, i mattoni a prezzi scontati per costruire casa nostra”

Lasciare le Officine Reggiane, lasciare la Fornace Tamagnini: due ditte sane e forti, per mettersi in proprio.

“I tempi erano diversi, c’era fervore nell’aria, tutti avevano voglia di correre e di partecipare al boom economico, la gente viveva al massimo e non c’era la burocrazia d’oggi, non c’erano tutti i problemi che una giovane azienda incontra adesso. Mio padre aprì l’officina che ben presto diventerà qualcosa di più articolato con la collaborazione dei suoi fratelli: Benito e Delfino. Sono molto legato ad entrambi, ma Delfino ha lavorato con noi tutta una vita, abbiamo passato tanti momenti insieme, lavorando duramente. Ho appreso molto da lui, certamente una persona con la quale ho condiviso tantissimo.

Come dicevo prima, c’era voglia di correre: mio zio Benito a sua volta deciderà di mettersi in proprio e di aprire una carrozzeria specializzata nella verniciatura, era il 1965.

Dalle aziende nascevano altre aziende, con competenze specifiche e con obiettivi precisi. Oggi aprire e mettersi in competizione con aziende già sul mercato è davvero complesso, servono ingenti capitali e delle motivazioni forti, in quegli anni invece era tutto da costruire, c’era davvero poco e avviare l’azienda era relativamente più semplice”.

Dagli anni ‘50 al 2023, l’azienda dalle Gru Gialle è sempre qui, a Bagnolo in Piano, nella stessa strada, al solito posto. Una certezza.

“A Bagnolo ci siamo sempre trovati bene, questa è casa nostra. Leggi Cavalca allo Stadio Campari e in tutti i posti di aggregazione e socialità del paese. Una volta anziché portare la macchina in officina portavano la macchina alla Mutua, dicevano così da queste parti. Una trovata del mio papà, una delle tante: alla domenica officina gratis per tutti quelli che avevano bisogno di fare il rabbocco dei livelli o di fare piccoli interventi al motore, una trovata destinata ad aiutare la classe operaia di Bagnolo e utile anche a fare conoscere l’officina fuori dalla piazza. Tanti anziani ancora si ricordano dell’officina di Bagnolo che funzionava come la Mutua”

Passiamo ai giorni nostri, da tuo padre a tuo nipote, passano i decenni e senza imposizione alcuna l’amore per la meccanica e per le gru viene tramandato, sarà il DNA…

“Mio nipote, all’età di otto anni, si è chiuso in casa e, cercando nella memoria, ha disegnato quello che vedeva quando veniva a trovarmi in azienda. Su una grande lavagna ha disegnato una Gru, con tutti i particolari meccanici: noi siamo rimasti a bocca aperta, tra lo stupore di tutti. Oramai questa faccenda delle Gru era entrata nel sangue, nella testa. Lavoriamo con grande passione, ci divertiamo parecchio, in tutte le nostre attività e questo piace ai bambini che vedendoci all’opera vogliono giocare insieme a noi e così facendo si appassionano a questo mondo, al mondo del sollevamento e delle Gru”

Soffermiamoci sul rapporto coi dipendenti: sei il capitano di una squadra, uno che sta sempre in prima linea, sotto la pioggia o al vento, Franco è sempre presente.

“Non ho studiato gestione d’impresa all’università ma ho capito fin da subito che nelle aziende sono le persone che fanno la differenza, non le macchine o il singolo imprenditore. Senza le persone giuste, senza dei dipendenti con gli attributi, non si combina nulla di buono. Io sono come loro, lavoro come loro, mi arrabbio insieme a loro, risolvo tutto e poi festeggio con loro. Siamo una squadra, l’importante è la serenità del gruppo, lavorare in squadra. Occorre dire che per sollevare delle tonnellate e per spostarle serve anche tanta tranquillità e tanta attenzione, se non sei sereno come fai? Sono il titolare ma l’umiltà è importante, per me è naturale lavorare come loro, aiutarli quando possibile”

Tanti progetti di grande levatura, c’è anche un quadro di valore che ritrae una gru gialla di Cavalca in una delle imprese più importanti, una sfida vinta…

“La costruzione della Stazione Mediopadana è certamente il nostro progetto recente più importante, ci ha messo a dura prova ma siamo riusciti a portare a termine tutto. In alcuni giorni abbiamo schierato in quel cantiere quindici mezzi in contemporanea, qualcosa di impensabile per noi, eppure ci siamo riusciti, ancora mi vengono i brividi a ripensare a quei giorni…”

Perché questo progetto ti è rimasto nel cuore?

“La Mediopadana ha un valore strategico importantissimo per la città di Reggio Emilia, ma racchiude anche un valore simbolico. Partecipare alla realizzazione di questo progetto ci ha reso orgogliosi, dalla Vilma a quindici gru che lavorano alla stazione che ti porta in quattro ore a Napoli. All’epoca la paura più grande era quella di finire per concentrarsi troppo sulla commessa della Mediopadana e di trascurare i clienti storici, ma organizzandoci al meglio e assumendo più personale siamo riusciti a fronteggiare tutto”.

Dalla Vilma a oggi, mentre parliamo, nel capannone qui di fianco, ci sono addirittura delle Gru elettriche…

“Sono delle gru che occorrono per lavorare all’interno dei grandi capannoni, per posizionare macchinari per la produzione o per sollevare carichi durante le manutenzioni. Sono il massimo della tecnologia oggi, nulla a che vedere con la nostra Vilma, a guardare quanta strada abbiamo percorso mi viene la pelle d’oca”

Diamo una notizia da dietro le quinte. L’azienda Cavalca ha avuto la possibilità di internazionalizzarsi, di aprire una sede in India, con dipendenti e strutture subito operative in quella che è una delle economie più forti del pianeta, ma alla fine?

“A mio modo di vedere le cose è bene investire ed essere audaci ma non bisogna osare tutte le volte che si presenta l’occasione, questo è il mio pensiero, poi ciascuno si adopera come meglio crede.

Una bella opportunità ma la nostra vita è qui, la nostra dimensione cresce e guarda avanti, siamo sempre tra i primi a sperimentare nuove attrezzature e a lanciarci in nuovi progetti ma aprire in Asia è una questione diversa, abbiamo valutato tutto, la possibilità era concreta e i punti d’interesse molteplici ma, almeno per ora abbiamo ringraziato e rimandato questa decisione alle prossime generazioni”

Franco, grazie per la chiacchierata e per il caffè. Come vuoi concludere?

“Vorrei ringraziare mio genero, mia figlia, mia moglie, mio nipote, i miei collaboratori e amici: tutte le persone che lavorano e passano le giornate con me. Sono loro la mia forza ed io non smetterò mai di ringraziarli”.




L'azienda Cavalca Vincenzo Autogru, ieri e oggi, in due foto



La prima autogru, interamente prodotta dai Fratelli Cavalca: fu battezzata Vilma




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