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Dipingere un mondo che sta scomparendo: l’arte Naif di Luigi Camellini in mostra a Gualtieri (RE)

Una fotografia della società contadina di 60 anni fa attraverso le opere di 15 artisti locali: il primo fine settimana della mostra Naif a Gualtieri è stato un successo


a cura di Laura Saracino


La mostra “Naif del Po” apre a Palazzo Bentivoglio a Gualtieri (RE) per l’ottava edizione. Dal 2014 è la mostra d’arte che si tiene per tutto ottobre e tutto novembre, un appuntamento fisso che è mancato solo una volta, nel 2020, causa covid.


Una esposizione di 15 pittori locali tra cui Luigi Camellini, artista naif per passione, autodidatta e parte della Associazione Artistica Tricolore. La mostra “Naif del Po” tiene viva in Italia la corrente artistica naif, dopo che la popolarità e la notorietà di questo tipo di raffigurazione erano calate a partire dagli anni 70. “Grazie all’Associazione Artistica Tricolore e a questa mostra, riusciamo a riportare almeno 3000 persone ogni anno a palazzo Bentivoglio a vedere i nostri quadri, e magari a farli incuriosire nuovamente al nostro modo di dipingere” racconta Camellini.


La curiosità che si vuole suscitare nei nuovi pubblici è la stessa che nel 1974 ha ispirato Luigi Camellini a comprare tela e colori e iniziare il proprio viaggio nell’espressione artistica: “Nel 74 ero ad una mostra con mio fratello, e siamo rimasti talmente colpiti da ciò che vedevamo intorno a noi che subito dopo siamo andati a comprare i pennelli e le tele ed entrambi abbiamo cominciato a dipingere”. Un’idea, quella di trovare un canale per esprimere pensieri ed esperienze di vita, che accompagnava i fratelli Camellini da tanto tempo: “Ho sempre avuto l’dea di scrivere o di cantare, alla fine ho deciso di dipingere un mondo che sta scomparendo. Il mio naif è descrittivo, io raffiguro il mondo che conoscevo quando ero bambino, e lo faccio con gli occhi di un bambino, ini un modo semplice e romantico, un po’ ingenuo forse, ma con i sentimenti e la comprensione di un bambino inserito in un luogo sia fisico che emotivo”.


Una passione che in tanti anni è rimasta tale e non è mai diventata una carriera, ma non ha impedito a Camellini di portare la sua arte oltre il Po, in Germania, in Francia, fino a Londra e New York: “Ho portato la nostra terra in giro – ride il pittore – e tutto il mondo ha visto la vita agreste emiliana degli anni 60 e 70. All’inizio dipingevo ma non facevo vedere a nessuno le mie tele, volevo tenere tutto per me. Poi ho capito che era una contraddizione: che senso c’era nel dipingere una scena perché non fosse dimenticata, poi tenerla chiusa in una stanza lontana dagli sguardi? Allora è iniziata un’apertura verso l’esterno, e oggi sono più che felice che qualcuno abbia una mia opera in casa, nel salotto.”


L’idea di arte dal basso è il fil rouge che non solo unisce ma ispira l’artista: “Quando ci sono delle belle recensioni di critici sulla nostra mostra è una bella soddisfazione, ma ciò che per me è senza paragone è sentire i commenti delle persone che, anche senza formazione artistica elevata, interpretano e trovano emozioni nelle mie scene. Noi artisti per primi lo facciamo per passione, e grazie alla rete di associazioni riusciamo a mostrare con successo le nostre creazioni.”


Le cornici dei quadri di Camellini sono i campi, la stalla, gli animali al fiume: “Le scene dell’agricoltura di sessant’anni fa, che prima era ciò che vedevamo ogni giorno intorno a noi, dall’alba al tramonto, in tutte le stagioni. Oggi queste cose non esistono più, i bambini oggi vedono le città, e la campagna è molto diversa da come la vivevamo noi. La fatica, la tribolazione, emergevano da ogni cosa su cui si poteva posare lo sguardo: era una coreografia che collegava l’uomo e lo includeva in un movimento continuo. Io cerco di rappresentare tutto questo per chi non può più farne esperienza in prima persona, e lo faccio con gli occhi di un bambino, un naif.”





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